“Non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.
Le parole di Gesù ci colpiscono direttamente: ai nostri giorni non solo assistiamo con sgomento alla caduta e al dissolvimento di pietre, abitazioni e monumenti a causa delle calamità naturali, ma anche ci rendiamo conto che il nostro mondo spirituale si va sgretolando. Nel giro di poche generazioni abbiamo cambiato abitudini, modi di pensare e cambiare; e non sempre in meglio. La litigiosità, il rancore, la guerra e le devastazioni sembrano crescere a dismisura.
Se poi vi aggiungiamo le malattie e le pandemie che ampliamo a profusione, ci rendiamo conto di essere in una società frantumata e, pure noi, sbriciolati.
“Ma non è subito la fine”: “con la vostra perseveranza salvate la vostra vita”.
C'è un modo per continuare a vivere: essere perseveranti. Cosa vuol dire ce lo spiega papa Francesco: “La perseveranza è “pazienza”; “è la capacità di sopportare, portare sopra le spalle, di rimanere fedeli, anche quando il peso sembra diventare grande, insostenibile, e saremmo tentati di giudicare negativamente e di abbandonare tutto e tutti”.
Ci rendiamo conto del maschio, dunque, ma non possiamo avvilirci e rassegnarci: è necessario essere “pazienti”; per imparare ad “attraversare” - come si dice - il male fisico o spirituale che ci avvolge per dirigerci verso l'incontro con qualcuno che ci accoglie. Solo Dio può donare perseveranza e pazienza.
Tutti noi allora, cogliamo l'occasione che ci è offerta settimanale: un'occasione con la proposta mensile a un'occasione di adorazione mensile eucaristica con cadenza, il terzo mercoledì.
E' il tempo offerto a tutti, giovani e adulti, di “stare davanti al Signore” per avere “consolazione”, per avere cioè –ed è ancora Francesco che ce lo ricorda- “la grazia di cogliere e mostrare in ogni situazione, anche in quelle maggiormente segnate dalla delusione e dalla sofferenza, la presenza e l'azione compassionevole di Dio”. Solo Lui è perseverante nell'amore con noi, non si stanca di amarci, è perseverante, sempre ci ama, si prende cura di noi “ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia, cioè ci consola, non si stanca di consolarci”. Perché non provarci?