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MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2025

Cari fratelli e sorelle!

Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfrGv10,28; 17,3).

In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi alcune riflessioni su cosa significa camminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità.

Prima di tutto,camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre.

 In secondo luogo, facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio; significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.

In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini. Questo è un secondo appello: la conversione alla sinodalità.

 In terzo luogo, compiamo questo cammino insieme nella speranza di una promessa. La speranza che non delude, messaggio centrale del Giubileo, sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. […] Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!

Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?

Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella speranza che non delude. La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Papa Francesco

 

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La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è una iniziativa ecumenica di preghiera nel quale tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità che è il volere di Cristo stesso.

Questa iniziativa è nata in ambito protestante nel 1908 e nel 2008 ha festeggiato il centenario. Dal 1968 il tema e i testi per la preghiera sono elaborati congiuntamente dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, per protestanti e ortodossi, e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per i cattolici.

La data tradizionale va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della Cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico.

La prima ipotesi di una preghiera per l’unità delle Chiese nasce in ambito protestante alla fine del XVIII secolo; sarà il reverendo Paul Wattson a proporre definitivamente la celebrazione dell’Ottavario che lo celebra per la prima volta a Graymoor (New York), dal 18 al 25 gennaio, auspicando che divenga pratica comune. Nel 1935 l’abate Paul Couturier, in Francia, promuove la Settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani, basata sulla preghiera per «l’unità voluta da Cristo, con i mezzi voluti da lui».

Nella nostra Diocesi già da diversi anni si compie un cammino di preghiera e di confronto che vede uniti cattolici, ortodossi e protestanti.

Queste le prossime iniziative:

Sabato 18 gennaio ore 18,00: Vespri nella Chiesa ortodossa di Sant’Antonio il grande Via S. Anastasio 1, vicino al Boccherini

Martedì 21 gennaio ore 18,00: Meditazione Biblica Ecumenica presso i locali della Chiesa Valdese via Galli Tassi 50, Lucca.

Sabato 25 gennaio ore 15.00 Ecumenical Day per ragazzi (11-14 anni): Salone del palazzo arcivescovile in piazzale Arrigoni 2 a Lucca.

Sabato 25 gennaio ore 21.00 Veglia Ecumenica per la Pace, Chiesa di San Michele in Foro a Lucca

 

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Lucca, 25 novembre 2024

Ai rev.mi Moderatori e Coordinatori delle Chiese-nelle-citta e delle Comunita parrocchiali dell’Arcidiocesi di Lucca

Ai rev.mi Parroci e Rettori di:

- Cattedrale di San Martino

- Basilica di San Frediano

- Chiesa dei Ss. Giovanni e Reparata

- Chiesa parrocchiale di Sant’Anna

- Chiesa parrocchiale dell’Arancio.

LORO SEDI

Carissimi, secondo quanto riportato nella Lettera pastorale Come è possibile?, domenica 29 dicembre pomeriggio si aprira il Giubileo nell’Arcidiocesi di Lucca, con una celebrazione eucaristica preceduta da un breve pellegrinaggio. Vi informo pertanto sulle modalita con cui avverra la cosa:

• nel pomeriggio di domenica 29 dicembre non sara consentita alcuna celebrazione liturgica in tutto il territorio diocesano (eventuali eccezioni, per gravi motivi, andranno autorizzate dal vicario episcopale di Area);

• alle ore 16.00 l’Area pastorale “Piana di Lucca” si ritrovera nella chiesa parrocchiale dell’Arancio, l’Area pastorale “Valle del Serchio” nella basilica di San Frediano e l’Areapastorale “Versilia” nella chiesa parrocchiale di Sant’Anna;

• dopo un momento di preghiera iniziale, da ogni chiesa partira un pellegrinaggio verso la Cattedrale (vedi planimetria allegata): ciascun corteo viaggera in tempi e modi indipendenti dagli altri, anche per cio che riguarda l’ingresso in Cattedrale;

• i pellegrinaggi convergeranno nel battistero di Santa Reparata, per poi compiere l’ultimo tratto verso San Martino;

• ogni Area, con il coordinamento del vicario episcopale, dovra provvedere alla conduzione e all’animazione del proprio pellegrinaggio, cioe : o sulla base di uno schema comune preparato dall’Ufficio liturgico, scegliere testi e canti per il momento iniziale e per il pellegrinaggio, provvedendo a stampare i relativi libretti e guide per l’animazione; o provvedere tutti gli oggetti e i paramenti necessari, ivi compreso l’impianto di amplificazione portatile;
invitare tutte le corali parrocchiali del territorio a eseguire i canti e poi ad animare insieme la celebrazione eucaristica in Cattedrale (il cui semplice repertorio sara inviato ai vicari episcopali nei prossimi giorni);
o provvedere ai lettori e agli altri ministri; o provvedere al servizio d’ordine (almeno 15/20 persone, che dovranno coordinarsi con quello della Cattedrale – Dott. Paolo Mandoli 366.6718348 This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.);

• i presbiteri e i diaconi prenderanno parte al pellegrinaggio vestiti con camice e stola; una volta giunti a Santa Reparata, si fermeranno lì , per indossare casule e dalmatiche e quindi compiere la processione introitale tutti insieme (ore17.30);

• i membri delle Confraternite prenderanno parte al pellegrinaggio con i propri abiti processionale, ma senza lampioni o stendardi;

• durante la celebrazione eucaristica le offerte in denaro saranno impiegate per realizzare il segno giubilare diocesano (“polo della carita ” nella citta di Viareggio). Invito tutti ad essere presenti e a incoraggiare la partecipazione dei fedeli a questo momento di grande importanza per il cammino dell’anno giubilare; ringrazio sin d’ora quanti si impegneranno per assicurare la riuscita della celebrazione.

Vi saluto e vi benedico di cuore.

+ Paolo Giulietti

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Ecco "Dilexit nos", quarta enciclica di Francesco, dedicata al Sacro Cuore. «L'amore gratuito di Cristo libera dal perverso ingranaggio in cui, nella società liquida, tutto si vende e si compra»

 

Forse non è sbagliato cominciare a leggere la nuova enciclica di papa Francesco, Dilexit nos (ci ha amati) dalla fine. E precisamente dalla preghiera del Pontefice che troviamo nelle ultime righe del testo dedicato al culto del Sacro Cuore di Gesù. Perché nella preghiera che papa Bergoglio scrive c'è il nucleo essenziale del suo messaggio. “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!”.

Dilexit nos, infatti non è solo un testo magisteriale, ma anche una grande e appassionata dichiarazione d'amore per Colui che ci ha amato fino alla fine e che come disse a santa Margherita Maria Alacoque, nel corso delle sue apparizioni tra la fine di dicembre 1673 e il giugno 1675. rappresenta "quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore (citazione tratta dal paragrafo 121 dell'enciclica). Francesco infatti, con questa sua quarta enciclica ha un intento dichiarato. Quello di offrire a un mondo che ha smarrito il cuore, la visione del Cuore di Gesù, come centro unificante dell'amore sempre nuovo di Dio per gli uomini e per le donne di ogni tempo e come fonte da cui sgorga quella che san Giovanni Paolo II, citato espressamente, chiamava civiltà dell'amore. Contro le guerre che devastano il mondo, contro ogni inimicizia, contro le ferite inflitte al creato, scrive infatti il Pontefice, ritornare al Cuore di Gesù è l'unica strada. E a tal proposito il Papa definisce questa encilica anche come l'ideale prosecuzione del discorso iniziato con Laudato si' e Fratelli tutti.

 

Il documento, di agile lettura (>>qui il link al testo integrale), è aperto da una breve introduzione e si articola in cinque capitoli e una conclusione, raccogliendo, come preannunciato dal Papa a giugno, “le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale”. Il tutto mentre sono in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, nel 1673, che si chiuderanno il 27 giugno 2025.

Capitolo 1: il mondo può cambiare a partire dal cuore

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché serva “ritornare a parlare al cuore” in un mondo liquido nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”. Il cuore è infatti il luogo "dove siamo noi stessi”, dove risiedono le domande di senso sulla vita, le scelte, le azioni, "chi sono davanti a Dio". Il Papa sottolinea che l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel razionalismo greco e precristiano, nell’idealismo postcristiano e nel materialismo”, così che nel grande pensiero filosofico si sono preferiti concetti come quelli di “ragione, volontà o libertà”. E non trovando posto per il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore. Invece, ricorda Francesco, “io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone”. È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo”. E questo ha conseguenze sociali, perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore”.

Capitolo 2: ​gesti e parole d'amore di Gesù

Il secondo capitolo riporta i gesti e le parole d’amore di Cristo, che ci tratta come amici e mostra che Dio “è vicinanza, compassione e tenerezza” (ad esempio gli incontri con la samaritana, con Nicodemo, con la prostituta, con la donna adultera e con il cieco sulla strada). Il suo sguardo, che “scruta l’intimo del tuo essere”, scrive il Papa, mostra che Gesù “presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze”. Egli inoltre ammira "le cose buone che riconosce in noi” come nel centurione, anche se gli altri le ignorano. Ma la sua parola d’amore più eloquente è l’essere “inchiodato sulla Croce”, dopo aver pianto per l’amico Lazzaro e aver sofferto nell’Orto degli Ulivi, consapevole della propria morte violenta “per mano di quelli che Lui tanto amava”.

Capitolo 3: la devozione al Sacro Cuore sintesi del Vangelo

Nel terzo capitolo, “Questo è il cuore che ha tanto amato”, il Pontefice ricorda come la Chiesa ha sempre riflettuto “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Cita perciò l’Enciclica di Pio XII Haurietis aquas del 1956, sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Chiarisce che “la devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù”, perché noi adoriamo “Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore”. L’immagine del cuore di carne, sottolinea il Papa, ci aiuta a contemplare, nella devozione, che “l’amore del Cuore di Gesù Cristo, non comprende soltanto la carità divina, ma si estende ai sentimenti dell’affetto umano”. Secondo Benedetto XVI, il suo Cuore contiene infatti un “triplice amore”: quello sensibile del suo cuore fisico “e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino”, in cui troviamo “l’infinito nel finito”. Il Pontefice invita poi a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società”. È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”.

 

Capitolo 4: il Sacro Cuore fonte di spiritualità

Il quarto capitolo, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani, riconosce nel costato aperto di Cristo una sorgente per placare la sete dell’amore di Dio e “per lavare il peccato e l’impurità”. Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, su tutti Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore”. A poco a poco questo costato ferito, ricorda il Papa, “venne assumendo la figura del cuore”, ed elenca i santi e le sante che hanno alimentato questa devozione, tra gli altri. San Francesco di Sales, che raffigura la sua proposta di vita spirituale con “un cuore trafitto da due frecce, racchiuso in una corona di spine”, la già citata Santa Margherita Maria Alacoque, Santa Teresa di Lisieux che chiamava Gesù “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio” e che nelle lettere alla sorella suor Maria invitava a non concentrare la devozione al Sacro Cuore “su un aspetto doloristico”, ma sulla fiducia “come la migliore offerta, gradita al Cuore di Cristo”. Non poteva mancare da parte di papa Francesco un riferimento a Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, che nei suoi Esercizi Spirituali propone “di entrare nel Cuore di Cristo” in un dialogo da cuore a cuore. Infine le esperienze di Santa Faustina Kowalska rinnovano la devozione “con un forte accento sulla vita gloriosa del Risorto e sulla misericordia divina”. E anche san Giovanni Paolo II “ha collegato intimamente la sua riflessione sulla misericordia con la devozione al Cuore di Cristo”. Il Papa infine, in questo capitolo chiede “che nessuno si faccia beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo”. Perché poi “desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati” e “possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione”.

Capitolo 5: dal Sacro Cuore la missione di far innamorare il mondo

Nell'ultimo capitolo “Amore per amore” il Papa approfondisce la dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli”. Infatti l’amore per i fratelli è il “gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore”. Guardando alla storia della spiritualità, il Pontefice ricorda che l’impegno missionario di San Charles de Foucauld lo rese “fratello universale”: “lasciandosi plasmare dal Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente”. Francesco parla poi della “riparazione”, come spiegava San Giovanni Paolo II: “Offrendoci insieme al Cuore di Cristo, sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo”. E sempre papa Wojtyla accostava “la consacrazione al Cuore di Cristo all’azione missionaria della Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno». Di conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca anche una società di giustizia, pace e fratellanza». Per evitare il grande rischio, sottolineato da san Paolo VI, che nella missione “si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo”, servono “missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo”.

Conclusione: L'amore di Cristo antidoto alla febbre del denaro

Nella conclusione, papa Francesco offre la prospettiva del cammino che parte dal Sacro Cuore: "Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. Ne ha bisogno anche la Chiesa, per non sostituire l’amore di Cristo con strutture caduche, ossessioni di altri tempi, adorazione della propria mentalità, fanatismi di ogni genere che finiscono per prendere il posto dell’amore gratuito di Dio che libera, vivifica, fa gioire il cuore e nutre le comunità. Dalla ferita del costato di Cristo continua a sgorgare quel fiume che non si esaurisce mai, che non passa, che si offre sempre di nuovo a chi vuole amare. Solo il suo amore renderà possibile una nuova umanità".

 

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Dal Concilio Vaticano II (1962-1965) in poi si è venuta formando nella Chiesa una nuova e più forte coscienza missionaria. Essa ha generato un vero e proprio bisogno di conoscere, di studiare, di meditare e di vivere la vocazione battesimale-missionaria, non più in modo episodico, ma secondo criteri validi e universalmente condivisi. Si è fatta strada l’esigenza di un “tempo forte” dedicato alla missione universale della Chiesa per tutto il popolo di Dio. Ecco che – dalla fine degli anni ’60 – un’intuizione dell’Opera della Propagazione della Fede Italiana fece sì che il mese di Ottobre fosse dedicato interamente alla missione universale.

Un mese scandito da un itinerario di cinque settimane di cui la Giornata Missionaria Mondiale, fissata per la penultima domenica di Ottobre, ne costituisce il punto culminante, quest’anno la Domenica 20 ottobre.
Quest’anno, l’ottobre 2024, è anche un’occasione di festa per la Chiesa di Lucca chiamata a celebrare i 50 anni dall’invio dei missionari “Fidei Donum” lucchesi nelle diocesi di Rio Branco e Byumba. “Fidei Donum” sono i sacerdoti che, pur mantenendo la loro appartenenza alla Diocesi di origine, donano un tempo della loro vita all’evangelizzazione  delle cosiddette “terre di  missione”. Fra questi va annoverato don Luigi Pieretti, originario di Marlia, in questi giorni presente fra noi.


Siamo davanti a un tempo che ci chiama a scoprire il senso della “Missione”,  un tempo che porta a domandarci cosa vuol dire essere cristiani e come annunciare il vangelo nelle nostre situazioni concrete. Infatti, La Missione non può essere inquadrata negli spazi stretti di una etichetta perché è una dimensione e uno stile che interroga tutta la comunità cristiana: è da lì che dobbiamo attingere per essere autenticamente “chiesa in uscita”  e in relazione. Tutti, pertanto, siamo chiamati a individuare insieme nuovi cammini e nuove sfide di impegno missionario da vivere nelle nostre famiglie e nella dimensione della catechesi ai bambini e ai ragazzi. Per aprire nella nostra mente qualche spiraglio in ordine a questo, ricordo che  VENERDI’ 25 OTTOBRE sarà tra noi LUCA BIANUCCI missionario laico

 

Casa parrocchiale

Piazza don Carlo Matteoni, 9
Segreteria: da lunedì a giovedì
dalle ore 16,00 alle ore 19,00

tel. 0583 414082

 

Contatti

Don Agostino te. 353 4594727

Don Luigi tel. 345 3095444

Don Samuele tel. 333 3885531

Suore San Giuseppe te. 351 9283022

 

S.Messe festive

Sabato e vigilia delle feste:
ore 17,00 chiesa San Pancrazio

ore 18,00 chiesa d Marlia

Domenica   

ore 10,30 chiesa di Marlia
ore 11,00 chiesa di Matraia

 

 

S.Messe feriali

Cappella S. Emilia   
ore 08,15: Lodi    ore 08,30: S. Messa   
(no mercoledì e sabato)
 
Confessioni:     sabato ore 17,30

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