Star InactiveStar InactiveStar InactiveStar InactiveStar Inactive

La notizia è arrivata direttamente dal bollettino, del 13 aprile scorso, della Sala Stampa Vaticana: durante l'Udienza concessa al Cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, Papa Francesco ha autorizzato il medesimo Dicastero a promulgare alcuni Decreti tra i quali il riconoscimento del «miracolo attribuito all'intercessione della Beata Elena Guerra, Fondatrice della Congregazione delle Oblate del Santo Spirito, dette Suore di Santa Zita, nata il 23 giugno 1835 a Lucca (Italia) e ivi morta l'11 aprile 1914».
Questo è il passaggio decisivo del processo di canonizzazione, atteso dal 1959, cioè da quando Papa Giovanni XXIII proclamò Beata questa donna lucchese.

«È un momento di grande gioia per la Chiesa di Lucca, di cui ringraziamo il Santo Padre, Papa Francesco - ha dichiarato a caldo l'arcivescovo di Lucca mons. Paolo Giulietti - Questa decisione  riconosce il dono di una comunità ecclesiale e il suo cammino. Ma ci offre ora lo stimolo e l'opportunità di riscoprire la vita e l'insegnamento di questa grande donna lucchese».

Felicità anche nelle parole della Superiora Generale della Congregazione delle Oblate dello Spirito Santo, Madre Maria Laura Quattrini, che vive a Lucca: «Abbiamo appreso questa bellissima notizia e siamo felicissime. Finalmente è Santa l'Apostola dello Spirito Santo, la nostra fondatrice. Ringraziamo il Santo Padre, la Chiesa di Lucca e tutti coloro che hanno permesso che arrivasse questo riconoscimento per la Chiesa universale. Spero che lo Spirito Santo, "questo sconosciuto", come lo chiamava la nostra fondatrice Elena Guerra, sia sempre più amato e pregato da tutti. Lo Spirito Santo è amore: invochiamolo in questo mondo pieno di guerre e per le famiglie, affinché l'amore e quindi la pace, trionfino sempre».


Le Suore Oblate hanno avuto una presenza forte nel territorio: la loro casa di accoglienza a Matraia ha svolto un ruolo educativo importante e molte giovani, nel passato, si sono consacrate al Signore inserendosi nella Congregazione. Preghiamo perché il soffio dello Spirito  illumini e smuova i giovani di oggi.

 

Star InactiveStar InactiveStar InactiveStar InactiveStar Inactive

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.
 Che significa? Che se si prende un seme e lo si butta in terra, l’esperienza immediata è vedere il seme marcire. Ma qual è il sinonimo per dire che marcisce? Germoglia. Tu vedi che muore ma in realtà sta vivendo. Tu vedi che perde, ma in realtà sta vincendo.

Ci stiamo avvicinando al Calvario che è il retro del Tabor. L’uomo sconfitto sulla Croce è semplicemente il retro di chi ha vinto la morte, e non è più la stessa vita di prima, è una vita diversa. Se il contadino che si avvicina a un seme dice: “Ho sbagliato a toglierlo dal sacco e metterlo dentro la terra, perché adesso sta marcendo; non mi piace vederlo marcire, lo tolgo dalla terra, lo rimetto nel sacco”.

Quella si che è morte: quando ci si vuole preservare dalla sofferenza invece di affrontarla sotto la luce della croce. Pregare è costanza. Pregare è saper affidare i desideri, le domande, i dubbi, tutto quello che abbiamo nel cuore e lasciare che… faccia Lui… non quello che voglio io: “Sia fatta la tua volontà!”. Lasciare per guadagnare, lasciare la propria “idea” per qualcosa di più grande. Pregare è aver fiducia in quel maestro che ci ha fatto vedere che il donarsi è apparentemente un fallimento, ma dona vittoria.

Signore Gesù, la morte ci spaventa,
perché ha il sapore della fine e della sconfitta.
Tu però ci inviti a guardare il seme,
che morendo prende vita e dona i suoi frutti.
Aiutaci Signore ad essere come il contadino che,
con fiducia e pazienza, attende la primavera
per veder spuntare il grano.
Insegnaci a pregare con costanza nella certezza che
donarsi non è mai un fallimento
anche quando siamo di fronte al Calvario.
Fa’ che quanti vivono il lutto e la malattia,
trovino nella preghiera consolazione e speranza. Amen

Star InactiveStar InactiveStar InactiveStar InactiveStar Inactive

La preghiera è uno scambio di amore, non uno scambio dovuto, commerciale. La preghiera nasce dall’esperienza dell’incontro e non dal bisogno: non è come quando ho fame allora mangio, ho sete allora bevo, ho sonno allora dormo.

La preghiera è relazione. Possiamo vivere anche senza, ma che vita è? Un vivacchiare, un morire lentamente. La preghiera è esperienza di essere amato, così come sei. Non è qualcosa da sapere o fare per fare… È esperienza che qualcuno mi ama e si fida di me! Quando ci si sente amato e con la fiducia “addosso”, si può fare tutto e affrontare tutte le difficoltà della vita.

Nel dialogo notturno con Nicodemo, Gesù comunica, in poche parole, l'essenziale della fede: “Dio ha tanto amato il mondo”. È una cosa sicura, una cosa già accaduta, una certezza centrale: Dio è l'amante che ti salva. Parole decisive, da riassaporare ogni giorno e alle quali aggrapparci sempre. Parole che ci sono state dette dal battesimo: “Tu sei il mio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1,11). Dio crede in ognuno di noi e tutto possiamo grazie al suo amore e alla sua fiducia.

Accettare questo Amore mi porta a guardare l'esistenza da una prospettiva nuova, da un pertugio aperto nel cielo, per vedere cosa è effimero e cosa invece è eterno.

Imparo allora ad accettare l’altro così com’è, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti; a stargli vicino non solo nei momenti di gioia, ma anche in quelli di difficoltà; sarò disposto a rinunciare a qualcosa di importante per il bene altrui; darò loro attenzioni (e non solo regali), disposto anche a rinunciare a lui pur di vederlo felice. E, come dice Papa Francesco,: “La famiglia è il luogo dove si impara ad amare e ad uscire da se stessi”.

Amare significa inoltre mettere cuore e passione in ciò che si fa; gioire dei successi altrui prima ancora che dei propri.

E allora… usiamo il tempo trascorso in famiglia, con gli amici, a scuola, nello sport… per allenarci sempre più a far nostro lo stile di Gesù che, in fatto di Amore incondizionato e gratuito, è stato ed è un vero campione!

 

Star InactiveStar InactiveStar InactiveStar InactiveStar Inactive

Sappiamo tutti che la celebrazione della Pasqua, per noi cristiani e, prima ancora, per il popolo di Israele, è la festa fondamentale, la madre di tutte le feste. La parola "pasqua" viene dall'ebraico Pesach che significa "passaggio". Con questa parola si indica il passaggio dell'angelo sterminatore in Egitto, ma, soprattutto, il passaggio dalla schiavitù alla libertà. A Pasqua si fa memoria e si rivive dunque la liberazione dall’Egitto che trova il suo completamento nel “passaggio” dal potere del male alla Signoria di Cristo mediante la sua Pasqua di Passione, Morte, Sepoltura e Risurrezione..

Per Israele il fulcro di tutto questo è il “Seder pasquale”, cioè una cena con gesti, azioni e canti che commemora la Pasqua con un ordine rituale prestabilito (“seder”) ed ha, al suo centro, l’ “Haggadah” cioè il racconto della liberazione.

L’intero rito del “seder” è estremamente significativo e pieno di momenti profondamente religiosi. Il piatto, i gesti, le parole evocano simboli e ricordi cari a chiunque conosca un po’ la Storia della salvezza. Alcuni momenti significativi sono:

- la domanda iniziale, fatta dal più giovane della casa, fa sì che tutti, si sentano parte attiva del rito liturgico;

- la risposta è tutto il racconto dell’haggadah;

- la cena conviviale, con l’obbligo di ricevere chiunque si presenti in casa e introdurlo a far parte degli invitati;

- le preghiere, inni di lode, di ringraziamento, di stupore per quanto Dio ha compiuto a favore del suo popolo.

Questa celebrazione ci aiuta a comprendere quello che Gesù ha compiuto nell’ultima cena istituendo l’Eucaristia; questa infatti è nata all’interno di un incontro di preghiera, di lode, di gioia, di convivio, appunto come il seder pasquale invita a fare. In quella “cena pasquale” Gesù ha lavato i piedi agli apostoli e ha donato il suo Corpo e il suo Sangue chiedendo di far questo in “Sua Memoria”.  Perciò il Seder pasquale come l’Eucaristia ci richiamano a celebrare la speranza della liberazione di tutti i popoli perseguitati e oppressi e ad impegnarci per il loro riscatto. E’ la celebrazione e la promessa di una “vita buona” per tutti.

 

Star InactiveStar InactiveStar InactiveStar InactiveStar Inactive

Il monte Tabor è necessario per salire un altro monte che è quello del Calvario. Gesù sa che l’unica maniera per reggere la notte è immergersi nella luce, fare un vero e proprio bagno di bellezza. Anche noi, nell’ora del Calvario, nell’ora della Croce, non vediamo la luce, ma solo la memoria di quella bellezza può non farci scappare. Questa è la Speranza, la memoria viva di questa luce che ci accompagna anche quando è buio.
Varcata la soglia dell’interiorità la prima impressione è quella di un buio pesto. In quel buio ci raggiunge una Parola. È luce perché ti ricorda che c’è qualcuno in quel buio. Quando si entra dentro noi stessi abbiamo il bisogno di capire che lì dentro c’è un buio abitato da una Presenza di luce che si dà inizialmente a noi sotto forma di parola.

L’esperienza dell’adorazione come preghiera è stare, nel silenzio davanti alla bellezza, lasciandoci raggiungere dalla sua Parola, che dona Speranza anche nel buio più completo. La preghiera dona gioia anche quando attorno non c’è più speranza: dona uno sguardo diverso a quella realtà, non la toglie, non ti fa scappare, ma ti aiuta ad affrontarla in modo diverso. Ti fa vedere la realtà sotto una luce diversa. Ti fa scendere dal monte Tabor, per affrontare ciò che accadrà a Gerusalemme.

Ma perché questo avvenga è necessario imparare a stupirsi. Il fisico tedesco Albert Einstein scriveva: “Chi non sa più provare stupore è come morto, i suoi occhi sono spenti”. Spesso crediamo che meravigliarsi per le sorprese della vita sia un privilegio riservato ai piccoli. Tutti possiamo invece goderne, in qualsiasi stagione della nostra vita. Se da un lato lo stupore è una porta di accesso al bello, dall’altro ci permette di superare il rischio dell’indifferenza offrendoci l’opportunità di cogliere la sofferenza, la solitudine, la distanza che ci separa dagli altri per tentare di porvi rimedio. Questo sguardo al bello ha bisogno di tempo e va allenato, mosso dalla curiosità, a partire dal mattino. Pur nella fretta delle azioni quotidiane, proviamo a lasciarci stupire dallo straordinario meccanismo della natura, dono gratuito di Dio: il sole che sorge il canto degli uccelli, il saluto del vicino scorbutico... Raccogliamo questi attimi di gioia e seminiamoli attorno a noi per il resto della giornata

IN PREGHIERA

Signore Gesù, sul monte Tabor
ti sei mostrato ai discepoli
come figlio di Dio, avvolto di luce.
Hai piantato nel loro cuore un seme di speranza
per aiutarli a sopportare il monte del Calvario.

Signore, rendimi capace
di gustare la bellezza dello stare di fronte a Te
e dammi la forza di affrontare
i momenti difficili della vita
alla luce di quella speranza.

Insegnami a cercare nella tua Parola
la presenza di luce che da senso anche al buio
e a condividere con quanti soffrono
la forza di guardare oltre la realtà.
Amen

 

Casa parrocchiale

Piazza don Carlo Matteoni, 9
Segreteria: da lunedì a giovedì
dalle ore 16,00 alle ore 19,00

tel. 0583 414082

 

Contatti

Don Agostino te. 353 4594727

Don Luigi tel. 345 3095444

Don Samuele tel. 333 3885531

Suore San Giuseppe te. 351 9283022

 

S.Messe festive

Sabato e vigilia delle feste:
ore 17,00 chiesa San Pancrazio

ore 18,00 chiesa d Marlia

Domenica   

ore 10,30 chiesa di Marlia
ore 11,00 chiesa di Matraia

 

 

S.Messe feriali

Cappella S. Emilia   
ore 08,15: Lodi    ore 08,30: S. Messa   
(no mercoledì e sabato)
 
Confessioni:     sabato ore 17,30

Search