PER SPERARE IN UN MONDO NUOVO
+ Mons. Paolo Giulietti Arcivescovo
Carissimi,
l’Avvento 2022 ci trova tutti smarriti e preoccupati dinanzi alla guerra scoppiata in Ucraina in seguito all’aggressione russa del 24 febbraio scorso. Non è che mancassero le guerre: come non ricordare la Siria, il Tigrai (Etiopia), lo Yemen… in cui da anni sono ormai in atto devastanti conflitti, che stanno provocando morte, povertà e distruzione? Ci sono poi decine di Paesi in cui si consumano guerre a bassa intensità, di cui pochissimo si parla, e altri in cui la violazione dei diritti umani suscita fortissime tensioni, come l’Iran. “Si intensificano conflitti anacronistici, ma riemergono nazionalismi chiusi, esasperati e aggressivi, e anche nuove guerre di dominio, che colpiscono civili, anziani, bambini e malati, e provocano distruzione ovunque. I numerosi conflitti armati che sono in corso preoccupano seriamente. Ho detto che era una terza guerra mondiale a pezzi; oggi forse possiamo dire totale, e i rischi per le persone e per il pianeta sono sempre maggiori” (Francesco, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 10 settembre 2022).
Il conflitto russo-ucraino, però, sta accadendo nel cuore dell’Europa ed è una guerra tra stati sovrani, combattuta da eserciti regolari, come nel nostro continente non accadeva dal 1945. Le sue conseguenze, inoltre, toccano in modo drammatico la vita di persone, famiglie, comunità e imprese anche in Italia, determinando un ulteriore impoverimento, dopo quello generato dalla pandemia, soprattutto a motivo della crisi energetica.
Una sfida alla speranza
Questa situazione interpella in modo pressante la nostra capacità di guardare al futuro con fiducia. È ancora ragionevole attendersi un domani migliore? Vale davvero la pena impegnarsi per il bene? È sensato fare progetti per l’avvenire proprio e della propria famiglia? E mettere al mondo dei figli, non è forse da incoscienti? Alcune indagini rilevano che anche gli adolescenti e i giovani sono in larga maggioranza preoccupati per il futuro proprio e del mondo.
Se l’Avvento è il tempo in cui rinvigorire la virtù cristiana della speranza, l’Avvento 2022 si presenta particolarmente sfidante, ma forse proprio per questo singolarmente fecondo. Scoprirci infatti poveri di fiducia e speranza ci può rendere più attenti all’annuncio di speranza e di pace che viene proposto nelle quattro settimane di avvicinamento al Natale e nelle celebrazioni della nascita di Gesù. Sono parole antiche e gesti ormai noti, ma capaci anche oggi di parlare al cuore.
La tentazione del “Si salvi chi può!”
Quando le cose vanno davvero male, è facile che la reazione di molti sia quella di pensare a se stessi e ai propri cari, disinteressandosi di tutti gli altri. “Si salvi chi può!” diventa lo slogan imperante, magari non apertamente dichiarato, ma purtroppo vistosamente praticato. In epoca di esasperato individualismo, la tendenza a pensare prima di tutto a se stessi risulta rafforzata e i legami con gli altri sono indeboliti; l’altro, per il fatto stesso di esistere, è mio avversario, poiché mi sottrae qualcosa di cui anch’io ho bisogno. A volte l’istinto di sopravvivenza e la violenza hanno più forza persino degli affetti più cari e delle relazioni più sacre (quanti femminicidi!). Tutto questo è una grande illusione, perché salvarsi da soli non è possibile; anzi, tentare di farlo aggrava spesso i problemi.
Come quando durante una catastrofe la gente, in preda al panico, non ascolta alcuna indicazione e i comportamenti disordinati che ne derivano pregiudicano la situazione per tutti. “Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crol- 4 lerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. […] Il ‘Si salvi chi può’ si tradurrà rapidamente nel ‘Tutti contro tutti’, e questo sarà peggio di una pandemia” (FT, 36). A ben vedere, la guerra è l’espressione estrema e devastante di quella cinica ricerca dei propri interessi che, nel piccolo, tutti noi rischiamo di perseguire e che erode progressivamente la solidarietà. Con la guerra, alla fine tutti perdono, anche chi vince, anche chi si difende da un’aggressione: ogni conflitto, infatti, lascia dietro di sé una scia di distruzioni, morte e odio assai difficile da superare. Per non parlare della prospettiva nucleare, potenzialmente capace di cancellare intere popolazioni e di produrre guasti permanenti a livello ambientale. “Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione?” (Francesco, Angelus, 2 ottobre 2022).
La promessa della pace
Le parole del profeta Isaia, che risuonano nella liturgia di Avvento e di Natale del ciclo A, sono state pronunciate in contesti molto simili a quello attuale: i contrasti e le guerre con le potenti nazioni vicine, la crisi economica e sociale della ricostruzione post-esilica, l’indebolirsi dei legami di solidarietà tra la gente, una vita quotidiana lontana da Dio e dalla sua legge… Nonostante tali circostanze, Isaia non cessa di esortare alla speranza: c’è un progetto di pace e di fratellanza al quale vale la pena affidarsi, poiché è garantito dall’Altissimo. “Le nazioni non impareranno più l’arte della guerra” (Is 2,4); “fuggiranno tristezza e pianto” (Is 35, 10) e la terra devastata sarà chiamata sposata (cf. Is 62, 4); il Re-Messia avrà il titolo di “principe della pace” (Is 9, 6).
La pace di cui parla Isaia - in ebraico shalòm - non è semplice assenza di guerra, ma una situazione di armonia con Dio, con se stessi, con i fratelli e con la creazione. È pienezza di vita per 5 tutti! È il dono per eccellenza, che realizza l’universale desiderio di un mondo rinnovato. È qualcosa che risponde alle attese profonde del cuore di ogni uomo, più convincente di ogni propaganda, più affascinante di ogni ideologia. In questo Avvento, pertanto, siamo invitati ad aprire il cuore e la vita all’affidabile speranza di pace che viene da Dio. Per di più, una Chiesa che crede nella pace, la persegue e la testimonia, come recita la IV Preghiera eucaristica per varie necessità, fa sì che “tutti gli uomini si aprano a una speranza nuova”.
L’arte della pace
La pace, dono di Dio, è anche frutto della generosa risposta dell’uomo. “Occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia” (FT, 225). Papa Francesco propone a tutti noi di essere costruttori e testimoni di pace, con la sapienza dell’artigiano, che sa coniugare con creatività le regole del mestiere con le possibilità offerte dalla realtà. Non basta, infatti, l’azione dei grandi della terra (che egli chiama “architetti”): serve che ciascuno dia il proprio contributo, ogni giorno. Quale migliore occasione di questo Avvento per darsi da fare? Vediamo insieme come.
Artigiani di dialogo.
Cercare di capirsi con chi la pensa diversamente consente di superare le divergenze e di attivare percorsi comuni. Viviamo in una società che spesso esaspera i contrasti mediante la violenza verbale dei social media; anche nelle piccole comunità familiari, paesane, condominiali, parrocchiali, aziendali... fatichiamo a trovare punti di contatto e obiettivi comuni. Siamo abituati a considerare ciò che ci divide più 6 importante delle molte cose che ci uniscono, a partire dal fatto di abitare uno spazio comune. In questo tempo di Avvento esercitiamoci nell’arte del dialogo, per costruire – o ricostruire – relazioni positive con le persone che abbiamo accanto, anche con quelle che la pensano diversamente da noi, nella convinzione che anche il loro punto di vista debba essere considerato, per giungere a una soluzione condivisa dei problemi.
Artigiani di fratellanza.
Uno sguardo di pace sa cogliere innanzitutto la reciproca appartenenza: siamo, infatti, tutti collegati, come accade per i membri di una medesima famiglia. Gli altri ci sono necessari, poiché dipendiamo da loro e perché essere felici da soli non dà vera gioia, bensì porta con sé l’angoscia di difendere la propria situazione di privilegio, magari dietro porte e finestre blindate. “Non è un peso, è mio fratello!” rispondeva nel 1945 un ragazzino giapponese a chi lo esortava a deporre il corpo del fratellino, morto durante un bombardamento e in attesa di venire cremato. In Avvento proviamo a guardare sempre le persone non come avversari o fardelli, ma come membri di una stessa famiglia.
Artigiani di solidarietà.
La radice di ogni violenza è, in ultima analisi, l’indifferenza per il dolore o i problemi degli altri. La pace si costruisce perciò con la scelta di non passare accanto ai poveri facendo finta di non vederli, ma con l’impegno “di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli” (FT, 233). Vero antidoto alla guerra è la cura per l’altro, come don Milani faceva notare ai suoi ragazzi, opponendo al me ne frego fascista il motto I care, espressione di interesse sincero per il bene comune. Soprattutto in prossimità del Natale, non manchi qualche concreto gesto di attenzione alle persone bisognose che abbiamo accanto.
Artigiani di giustizia.
Nel 2023 ricorreranno i 60 anni dell’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, promulgata l’11 aprile 1963, poco più di un mese prima della morte del “Papa buono”. In essa si dichiara, all’indomani della “crisi dei missili di Cuba”, che la pace non può fondarsi sull’equilibrio delle forze militari, ma sull’impegno per assicurare i diritti di ogni persona a una vita dignitosa e libera. È solo la giustizia, non la reciproca deterrenza, che assicura una pace duratura. Piccole ingiustizie abitano spesso la nostra quotidianità e la violazione delle regole toglie sempre agli altri qualcosa: tempo, serenità, denaro… In una cultura di illegalità diffusa maturano i semi del sopruso e della violenza. In Avvento, cerchiamo di essere più corretti nell’osservare le regole della convivenza e di adoperarci a rimuovere le piccole ingiustizie di cui siamo ogni giorno testimoni.
Artigiani di perdono.
Poiché il conflitto si manifesta in ogni comunità umana, è necessario saper perdonare, per impedire o interrompere le spirali di odio e violenza. “Occorre riconoscere […] che quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male, è un pezzetto di guerra che porto dentro, è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio” (FT, 242). “Quanti perdonano davvero […] rinunciano ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva che ha fatto loro del male. Spezzano il circolo vizioso, frenano l’avanzare delle forze della distruzione” (FT, 252). Chi non ha qualcuno o qualcosa da perdonare o da farsi perdonare? Arriviamo al Natale pacificati da gesti di riconciliazione, che portino pace nelle famiglie, nei vicinati, nelle parrocchie… Saranno queste le luci di feste natalizie più povere di luminarie.
Attendiamo insieme
Come negli anni scorsi, alcune occasioni comuni ci aiutano a vivere meglio l’Avvento:
• i “Martedì della pace”: quattro appuntamenti serali – tre in rete e uno in presenza - per aprire la mente e il cuore a prospettive di pace;
• la colletta dell’Avvento di fraternità, promossa dalla Caritas diocesana e destinata a sostenere le mense serali per i poveri a Lucca e a Viareggio.
Artigiani della pace, all’opera!
“Non ci inganni una falsa speranza. Se non verranno in futuro conclusi stabili e onesti trattati di pace universale, rinunciando a ogni odio e inimicizia, l'umanità […] sarà forse condotta funestamente a quell'ora, in cui non potrà sperimentare altra pace che la pace terribile della morte. La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del tempo presente, pronuncia tali parole, non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza” (GS, 82).
Ci siamo illusi che la pace del nostro fazzoletto di terra europeo fosse ormai consolidata, dopo i travagli balcanici degli anni ’90 del XX secolo. Abbiamo scoperto che non è così: la pace va coltivata, cercata, edificata, implorata… con la pazienza sapiente del tessitore, il quale ogni giorno siede al telaio per intrecciare i fili colorati della sua stoffa. Le parole di Isaia e il cammino liturgico d’Avvento ci aiutino ad abbandonare l’arte della guerra per l’arte della pace, perché ad ogni uomo sia restituita la speranza di un mondo finalmente rinnovato.
1 dicembre 2022
+ Paolo Giulietti